Ludovico Passarini e Giuseppe Pitrè studiosi di folclore

Un’amicizia rimasta pressoché ignota di Giuseppe Pitrè (1841-1916) è quella con Ludovico Passarini. Di quest’ultimo non si conoscevano finora neppure gli estremi cronologici. Egli nacque in Fermo il 24 luglio 1813, figlio di Vincenzo e di Clara Spagnoli, primogenito – se non erro – di numerosi fratelli, sopravvissutigli. La famiglia era socialmente stimata, ma forse non disponeva di cospicue possibilità economiche. Sposata Eugenia Strinati, Ludovico si trasferì nella circoscrizione parrocchiale di San Gregorio ed ebbe l’unico figlio Raffaele, nato il 22 luglio 1851, di salute cagionevole e morto ventiseienne il 4 ottobre 1877. Ludovico muore poco prima del 1897, forse nel 1896.

A Ludovico fu impartita peraltro un’accurata formazione, fu assai colto, amante del sapere, letterato e bibliofilo. Per decenni fu segretario del principe Borghese e suo bibliotecario in Roma. Sebbene il suo nome non affiori quasi mai in testi a stampa, dovette ai suoi tempi godere della stima universale nell’ambiente dei dotti. Così, a mo’ esempio, ne segnalo la cooptazione alla R. Commissione pei testi di lingua l’anno 1876, insieme con altri «di alto prestigio», scelta oculata giacché il sodalizio versava in cattive acque finanziarie. Del resto il Passarini conosceva da anni Francesco Zambrini, presidente di tale commissione, almeno dal 1872, come si evince dai carteggi superstiti. Fu inoltre in relazione con chiari studiosi, fra cui con quelli della natia Fermo, quale Giuseppe Fracassetti ed ogni tanto il suo nome fa capolino anche oggi.

Nel corso dell’esistenza il Passarini formò una sceltissima quanto preziosa biblioteca, che dopo la sua morte fu venduta. Analoga sorte aveva avuto la biblioteca dei Principi Borghese, alienata dai discendenti di Marco Antonio Borghese in due aste, l’anno 1892 e 1893. L’esito può dispiacere, ma è vero altresì – così mi confidava un appassionato bibliofilo fiorentino – che chi compera pagando un libro è davvero interessato. Che la biblioteca fosse destinata alla dispersione post mortem lo paventava il formatore stesso, se è vero che fece intendere agli eredi che per l’eventuale vendita si affidassero alla libreria di Raffaello Gargiulo, sia per l’amicale rapporto intrattenuto con lui, sia perché suo tramite aveva messo insieme gran parte della raccolta. Lo confida il Gargiulo medesimo nelle parole introduttive al catalogo della vendita, elencante i titoli delle 5.600 opere possedute. Biblioteca certo raffinata quanto prestigiosa, comprendendo edizioni Aldine, Giuntine, della Crusca, del Gamba, non che «alcuni cimeli preziosissimi e le più corrette edizioni del secolo [XIX], dal Molini e dal Silvestrini, al Barbera, al Le Monnier, al Romagnoli e allo Zanichelli». La biblioteca possedeva altresì un interessante fondo dantesco.

Come non di rado accade per studiosi e per eruditi di alta levatura, il Passarini pubblicò pochissimo o qualche opuscolo d’occasione, ovvero perché costretto, diciamo così, da questo o da quell’estimatore. Non solo, pubblicò sovente senza firmare o adoperando una sigla o lo pseudonimo Pico Luri da Vassano, se per modestia o per vezzo non saprei.

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