Premessa: il Medioevo, una lunga notte e un’alba radiosa
I processi di trasformazione del paesaggio e degli insediamenti susseguitisi nei dieci secoli che contraddistinguono, per mera convenzione, il Medioevo sono molteplici e complicati. Sovente, sui loro esiti, non concordano studiosi di formazione storica (ancien régime) con archeologi, ciò soprattutto per un problema di metodo (e di mai sopiti pregiudizi).
La crescente presenza di scavi stratigrafici, di indagini di archeologia preventiva (e di emergenza) sta apportando nuova linfa al dibattito storiografico sull’età di mezzo, anche nelle Marche, scardinando obsolete teorie basate, con esclusività, sull’interpretazione delle fonti documentarie. L’esito di alcuni scavi finisce con annullare preconcetti, aprendo l’interpretazione storica al dato materiale soprattutto per quanto concerne lo studio dell’evoluzione delle campagne e dei nuclei di antica fondazione. Sul piatto c’è la comprensione di notevoli processi come il transito dal sistema di gestione dell’agro romano, diffuso in tutto l’impero, verso pratiche agricole micro-regionali (“per areali”) proprie dei secoli altomedievali (ma con costanti in tutta Europa).
I problemi riguardano anche il riconoscimento dei segni dell’ingresso del cristianesimo nelle campagne e nelle città a partire dal IV secolo d.C.; vi è poi il radicamento del fenomeno del monachesimo, un movimento non soltanto legato alla profusione di preghiere, ma soprattutto alla gestione di comprensori spesso strategici, in quadri di riconversione agraria e controllo sociale. Vi è lo studio del reticolo dei cosiddetti “castelli di prima generazione”, i castra tardoantichi (che nulla hanno a che vedere con i castelli di popolamento bassomedievali) fortificazioni sorte tra la fine dell’impero romano d’Occidente e i cosiddetti “regni romano barbarici”, utili alla difesa dell’arco alpino, dei passi appenninici e di tutti quegli snodi fondamentali, anche viari, presenti nella penisola. Erano strutture difensive massicce, oggi “invisibili” in alcuni casi, su cui l’indagine archeologica ha ottenuto informazioni notevoli a partire dagli anni ’70 del secolo scorso.
Altra nebulosa da osservare finemente è quella delle dinamiche di espressione del popolamento altomedievale nelle campagne. Il dibattito in merito, sino a qualche decennio fa, era trito e continuava ad arroccarsi su due posizioni: abitato sparso o villaggi agglomerati. Le indagini archeologiche condotte in Italia stanno confermando la presenza non di un modello univoco al riguardo, ma la coesistenza di entrambe le forme di occupazione della campagna con variabili ugualmente micro-regionali che, di tanto in tanto, prescindono dal macro-contesto politico di appartenenza (Esarcato bizantino o territorio longobardo che fosse, per esempio).
Tra i grandi temi di ricerca emerge vigoroso il dibattito sull’incastellamento volto alla definizione dei moventi – e dei momenti – che hanno caratterizzato la nascita dei centri fortificati d’altura. Anche in questo caso il panorama si presenta a isole, persino all’interno di regioni unitarie.
Ricorderei, infine, il filone di ricerca socio-economico che riguarda lo studio della produzione e della circolazione dei manufatti, l’identificazione e la comprensione dei flussi commerciali a breve e lungo raggio, lo spostamento di saperi e maestranze legati alla realizzazione di “cultura materiale”.
Approcciare il tema del paesaggio e del popolamento altomedievale, nella diacronia, è avventurarsi in un terreno sconnesso, sebbene molto meno di qualche decennio fa, un territorio avvolto in certi casi da una leggera caligine, in altri da “nebbie padane”. Sull’argomento, ancora nel secondo ventennio del XXI secolo, non si riesce a lumeggiare una materia univoca, eppure non si tratta di supernove o di “materia oscura”.
Dopo una premessa simile come sarà possibile tenere fede al titolo, sontuoso, del contributo? Sarà la parola “uno sguardo”, spero, a salvare il salvabile. Ho preferito concentrarmi sull’alto Medioevo (476-999 d.C. per convenzione) presentando squarci di luce in una tenebra notevole, come fossero piccole lucerne che illuminano un’ora notturna, ma più prossima all’alba rispetto allo stato della ricerca di qualche decennio fa. Sul basso Medioevo (1000-1492 d.C., altra convenzione) la luce è accesa e le dinamiche sono evidenti, e conosciute, senza problemi di assenza di fonti dirette o dati di scavo e, dunque, lo tralascio.
Il Sole sorge verso l’anno 1000, al termine di una notte protrattasi dal V al VII secolo. Tra la fine dell’VIII e il X secolo collocherei, piuttosto, l’albeggiare.
Accendiamo le lucerne dell’archeologia e cerchiamo di distinguere spaccati rispondenti al vero sul paesaggio – e sulle forme di popolamento – della parte centro settentrionale della regione Marche durante quel frangente di Medioevo più impenetrabile e, per tutta conseguenza, più intrigante.
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