Le attività produttive e commerciali di Gubbio nel Cinquecento

Le ragioni della partecipazione dei mercanti eugubini ai principali mercati e fiere italiani non sono diverse da quelle di tutti gli altri uomini di affari: la necessità di acquistare le materie prime (lana, seta, canapa, pellami, cuoiami, stracci e così via) e di collocare i propri prodotti artigianali e manifatturieri. Per quanto concerne la fiera dei Soprastanti di Foligno, in particolare, gioca un ruolo importante la consapevolezza di frequentare uno dei più rinomati raduni d’Italia, caratterizzato dalla straordinaria intensità degli scambi commerciali; occorre considerare inoltre la centralità geografica della città e, di conseguenza, il fatto di essere attraversata da importanti vie di comunicazione. L’eccezionale affluenza, è bene sottolineare, si verifica nonostante che i protagonisti degli scambi debbano coprire spesso notevoli distanze e affrontare tracciati stradali impervi, a volte sotto la costante minaccia di banditi, fuoriusciti ed eventuali inclemenze del tempo. Le transazioni, talora molto complesse, possono coinvolgere operatori economici di ogni regione italiana e di alcuni stati europei, e si realizzano mediante la costituzione di società, nelle quali sono sempre presenti soci finanziatori, specialmente quando si ha la necessità di investire notevoli capitali nell’acquisto di materie prime e nell’affitto di locali commerciali e opifici. Alcuni di questi sodalizi sono particolarmente significativi, come quello istituito a Foligno il 28 maggio 1560 da Giovanni Niccolò Panigaroli di Milano, Luigi Andolfi di Venezia e Biagio Vignati di Assisi della durata di sei anni e mezzo. La compagnia ha per oggetto il commercio dei panni e sagge (saie) di lana di Milano e di Lione e, all’occorrenza, «panni d’ogni sorte et saie d’ogni sorte, et berrette, et d’ogni sorte fustagni, et ogni sorte drapi de lana et de bambaxio, et de refe et de seta». Il suo raggio d’azione dovrà estendersi dalle Marche al Regno di Napoli; le fiere frequentate sono in genere quelle di Recanati, Rimini, Lanciano, Nocera Inferiore e naturalmente di Foligno. Oppure l’altra a carattere internazionale fondata da Giovanni Serli di San Gallo (Svizzera) e Alessandro Cantagallina di Borgo San Sepolcro nel 1575, concernente vari tessuti. Da considerare poi come molte negoziazioni, avviate anche in lontani centri italiani, si concludano alla fiera di Foligno. È emblematico in proposito il caso di Gio. Giacomo Moriconi e Mezio Mansioni di Terni che, il 3 febbraio 1552, si dichiarano debitori dei fratelli Angelo, Gio. Antonio e Bernardo Cassali di Bergamo, mercanti in Verona, di 19 scudi d’oro, prezzo di 80 panni veronesi venduti in Recanati. Anche Pietro Matteo Tosori di Fossombrone, avendo ottenuto dal comune di Orvieto la privativa degli stracci, il 10 maggio 1543 si impegna a vendere a Scipione Conti di Camerino per sei anni 24.000 libbre di cenci, vale a dire 2.000 libbre al mese, al prezzo di 11 fiorini ogni 1.000 libbre.

Fermo restando, come è stato già accennato, che una delle prerogative della fiera di Foligno è quella di accogliere in modo straordinario uomini di affari di ogni provenienza, una menzione particolare deve essere riservata ai mercanti e agli artigiani marchigiani: la loro presenza, favorita dalla vicinanza geografica delle due regioni, è così massiccia che alcuni centri di una medesima circoscrizione – potendo contare nella fiera di Foligno su una consistente locale rappresentanza – sono in grado di convocare in quest’ultima città le riunioni delle loro corporazioni, piuttosto che nel proprio capoluogo, per deliberare in merito a fondamentali questioni attinenti all’esercizio di determinate arti. Come il 20 maggio 1554, quando dieci artefici dell’arte della lana adunati appunto in Foligno, provenienti da Fiordimonte, Antiquo, Pievetorina, Fiastra, Acquacanina, del distretto di Camerino, in presenza dei consoli e del collegio della stessa corporazione, nominano come loro procuratore nove esponenti della manifattura della lana, affinché ottengano

quod nullus artifex lane, nec aliqua persona civitatis et comitatus Camereni, sub quo vis, quesito, colore, pretestu, causa possit nec valeat valcare, purgare, nec aliquo modo aptare, conducere seu conciare pannos forensibus; et similiter quod nulla persona possat filare seu filari facere nec conducere seu pectinare, nec conduci et pectinari facere, lanas forensibus in dicta civitate et eius comitatu.

Altro importate fatto da evidenziare, a ulteriore prova dell’importanza del polo commerciale folignate, è che molti mercanti fiamminghi, pur dimorando stabilmente a Pesaro, sono regolarmente presenti alla fiera dei Soprastanti, dove trattano affari legati prevalentemente al commercio di panni.

Anche per quanto attiene alle locali manifatture, un capitolo importante è rappresentato dalle molte attività avviate o potenziate dalla manodopera forestiera, specialmente tessitori di drappi (velluti, damaschi e panni di lino), tintori e filatori provenienti da Genova, Milano, Verona, Firenze, Siena, Lucca e Bologna. Ma in realtà il numero delle lavorazioni è molto più ampio, comprendendo anche sarti, scalpellini, muratori, materassai, ciabattini, beccai, fornaciai, spadai, fabbri. Una menzione particolare merita Venezia per quanto concerne le lavorazioni del vetro, del sapone, della cera, del vetriolo e del salnitro per la polvere da sparo, senza dimenticare il commercio di libri, spezie e pizzicheria; un grosso intermediario di questi prodotti è costituito dal veneziano Gio. Maria di Domenico, abitante a Foligno.

[segue]

Spread the love