L’abbazia dei SS. Ruffino e Vitale di Amandola e la questione delle cripte a corridoio nell’architettura altomedievale

L’abbazia di Amandola, stranamente assente in una celebre pergamena del 977 e nota alle fonti solo dal 1274, oggi si presenta come un complesso di piena età romanica (XII sec.). Le recenti analisi ed i relativi rilievi strumentali del palinsesto architettonico hanno evidenziato la presenza di almeno tre fasi edilizie, di cui la più antica è inquadrabile già fra tardo IX e inizi X secolo, quando si attesta la prima cripta. L’insediamento oggi conserva, nonostante i restauri e le superfetazioni moderne, l’edificio abbaziale a tre navate triabsidate, con presbiterio rialzato impostato su un’ampia cripta ad oratorio semi-ipogea, e campanile sul fronte S-E. Il chiostro a Sud della chiesa si caratterizza per una serie di corpi di fabbrica, probabilmente anch’essi di epoca medioevale, la cui originaria funzione non è però al momento definibile. Avendo trattato già in altre sedi le fasi edilizie, con una disamina sulle relative tecniche murarie individuate nel monumento, si vuole porre l’attenzione proprio sul così detto “ipogeo altomedioevale”. La cripta è pertinente ad un edificio di culto non più esistente, ma probabilmente a navata unica e di ridotte dimensioni (12-15 m) rispetto all’attuale abbaziale. La struttura occupa un’area compresa tra la navata centrale e i gradini di accesso al presbiterio ed è in comunicazione con la cripta romanica, attraverso una finestrella/feritoia nell’abside rivolta ad Est, unico punto luce dell’ipogeo, che consente anche di apprezzare lo spessore della muratura (circa 1 m). Il cantiere della chiesa romanica ha letteralmente distrutto la zona Nord-Ovest dell’ipogeo e parte dell’abside, con l’impianto del secondo e terzo pilastro della navata, foderati da imponenti murature di contraffortamento che inficiano la lettura delle pareti stesse della cripta. Tuttavia, è abbastanza chiaro che questa presenta un corridoio orientato N-E/S-O lungo 8 m, ampio 2,5 m, voltato a botte per un’altezza massima di circa 2 m. Una profonda abside si apre al centro della parete Est (2,65 m × 2,4 m), una piccola nicchia quadrata (0,40 m × 0,35 m) trova posto nel catino, a destra della feritoia; mentre una nicchia tompagnata rettangolare (0,80 m × 1 m ca.) si conserva all’estremità Sud del corridoio. In quest’ultimo caso – stando all’evidente interruzione del partito decorativo, che in origine doveva caratterizzare la parete in cui si apriva – sembra chiaro che questo incavo appartenga ad una fase edilizia successiva.

Gli accessi, come di consueto per questo tipo di edifici, dovevano essere due, simmetrici e posti alle estremità del corridoio. Nel caso di Amandola si conserva solo una rampa tompagnata a S-O, costituita da 5 gradini, mentre è andato perduto l’accesso N-O poiché distrutto dal pilastro della chiesa romanica. La scala N-E, che consente oggi l’ingresso ad Est, rappresenta, invece, un intervento successivo. Infine, attualmente il pavimento è un piano di calpestio in terra battuta piuttosto irregolare e non ci sono dati sufficienti per ipotizzarne l’originaria fattura. Tuttavia, l’interruzione innaturale della pellicola pittorica nella porzione inferiore dello spigolo dell’abside, sembra suggerire una quota pavimentale ancora alta rispetto all’originale.

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