Il ricco mercante fermano Giovanfrancesco Rosati è conosciuto per essere stato il committente del cosiddetto palazzo Azzolino a Fermo (così chiamato per essere poi passato in proprietà alla famiglia Azzolino), uno tra i più interessanti edifici rinascimentali marchigiani.
Il nonno di Giovanfrancesco, il mercante Antonio, figlio del notaio ser Giannino, capostipite del casato, era uno dei più importanti cittadini fermani, dato che il 3 gennaio 1434, quando il condottiero Francesco Sforza entrò a Fermo per prendere possesso della città, erano schierati ad accoglierlo i figli delle maggiori famiglie cittadine e, tra questi, era presente anche Antonio.
Bernardino, il padre di Giovanfrancesco, era un mercante di olio. A Fermo doveva avere una certa influenza, se nel 1501 fu eletto per far parte della commissione straordinaria dei Diciotto difensori della Giustizia, che doveva garantire la pace in città, allora sconvolta dalle faide tra fazioni cittadine. In quegli anni Fermo era divisa tra la consorteria dei Brancadoro, capeggiata da Girolamo Brancadoro, e quella dei Guerrieri, guidata da Ludovico Guerrieri. Nel 1509 Bernardino fu scelto dalle autorità pontificie, insieme a pochi altri maggiorenti fermani, uno per ciascuna delle sei contrade cittadine, per sovrintendere alle fortificazioni da realizzare in città. In quell’anno lo Stato della Chiesa era in guerra con Venezia e, a Fermo, Giulio II mandò come suo commissario il nipote Antonino per cercare di migliorare il sistema difensivo cittadino e, probabilmente, per assicurarsi la fedeltà dei Fermani, che con Venezia avevano fin dal XIII secolo stretti rapporti commerciali.
Giovanfrancesco riuscì ad accumulare un ingente patrimonio, investendo, come suo padre, nel commercio dell’olio.
Il 24 novembre 1504 sposò Costanza Vinci, figlia di Buonfrancesco, ottenendo in dote 500 ducati di moneta. Dal loro matrimonio nacquero tre figlie: Battista, sposata con Vincenzo Adami, Selvaggia, data in sposa ad Aurelio Paccaroni e Francesca, sposata con Gentile dei Nobili di Mogliano, tutti membri delle più potenti casate fermane. Quando si sposò, Giovanfrancesco poteva avere una ventina d’anni, da ciò si può presumere che nacque nel 1485 circa.
Nel 1512, pare per colpa di «lezere parole», attaccò briga con Nicolò Guerrieri. La questione tra i due degenerò presto, tanto che giurarono di sfidarsi a duello. Tuttavia, Nicolò Guerrieri, prima dello scontro, dovette lasciare Fermo, trovando rifugio presso Francesco II Gonzaga, marchese di Mantova. I due, però, non avevano intenzione di rinunciare al duello. In questo frangente, intervenne il Comune di Fermo, che il 25 novembre di quello stesso anno inviò una missiva al marchese di Mantova, pregandolo di intervenire «cum la sua auctorità» per far finire la disputa «cum honore et reputatione de tucti». L’8 dicembre il Comune di Fermo scrisse una lettera a Nicolò Guerrieri, intimandogli di lasciare alle autorità cittadine il compito di risolvere la questione, anche per evitare che la lite potesse degenerare in un’infinita serie di vendette. Non sappiamo come andò a finire la faccenda ma, plausibilmente, anche perché che non sono emersi altri documenti, i due non si sfidarono mai.
Giovanfrancesco, col tempo, raggiunse una posizione di grande prestigio in città, tanto che nel 1523, insieme al cugino Girolamo e a pochi altri eminenti fermani, assunse la podesteria di Fermo per condurre la guerra contro gli Ascolani, da sempre in lotta con i Fermani. Intanto continuava la sua attività di mercante, aprendo in città una bottega per il commercio di «pannis, drappis et aliis mercantiis». Il 27 novembre 1533 strinse con Antonio Grana e Piersimone di ser Pietro una società commerciale della durata triennale per la vendita di tessuti, investendovi 2.000 scudi d’oro: 1.000 per sé e 1.000 per gli altri soci, che dovevano restituire quanto prestatogli da Giovanfrancesco con un interesse annuo del 5%.
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