Il prestigio oltre la morte. Le necropoli picene di contrada Cugnolo a Torre di Palme

Giorgio Postrioti – Diego Voltolini, a cura di, Il prestigio oltre la morte. Le necropoli picene di contrada Cugnolo a Torre di Palme, Andrea Livi editore, Fermo 2018, 238 pp., € 32,00, 9788879694247

Tra i numerosi contesti di età picena, e non solo del Fermano, apparentemente abbandonati a un destino di conoscenza frammentaria, condizionata da rinvenimenti incontrollati, scavi condotti con metodi d’indagine e documentazione antiquati o inadeguati, decontestualizzazione o dispersione dei materiali, sembrava doversi collocare anche quello riferito in bibliografia all’abitato moderno di Torre di Palme, frazione del comune di Fermo posizionata sulla fascia litoranea adriatica.

Segnalata dal 1878, la vasta area necropolare di Torre di Palme era stata fatta oggetto di scavi irregolari prima di essere parzialmente indagata dalla Regia Soprintendenza sotto la direzione di Innocenzo Dall’Osso in due campagne di scavo nel 1912 e nel 1920, durante le quali vennero recuperate 15 sepolture databili al VI secolo a.C. i cui materiali, confluiti nel Regio Museo Archeologico di Ancona, andarono in gran parte distrutti durante il bombardamento subito dal museo nel 1944. Nel Dopoguerra e fino a tempi recenti si sono poi susseguiti sul territorio numerosi episodi di ritrovamenti casuali, scavi clandestini o recuperi condotti nel corso di attività di investigazione delle forze dell’ordine che, pur nell’impossibilità di un esatto posizionamento topografico, indiziavano una realtà ben più articolata di quella documentata.

Una nuova direzione nel processo di conoscenza della necropoli è stata recentemente avviata, dopo che lo scavo effettuato tra il 2016 e il 2017 in contrada Cugnolo a seguito delle attività di controllo dei lavori per la realizzazione di un metanodotto, ha fatto emergere due distinte aree di sepolture, rispettivamente di 2 e 19 tombe, quasi tutte omogeneamente inquadrabili nello stesso orizzonte cronologico del VI sec. a.C.

La prima area, su un leggero declivio ai piedi di un costone roccioso, costituisce con ogni probabilità la porzione rimanente del complesso funerario che era stato indagato circa un secolo prima; la seconda, ricadente in un terreno pianeggiante poche centinaia di metri verso l’interno, ha rivelato il più importante e inedito gruppo di tombe fino a quel momento conosciuto da Torre di Palme.

Era tutt’altro che scontata – e ne va invece riconosciuto il merito a uno straordinario impegno di collaborazione tra enti privati (Edison E&P S.p.a.), e istituzioni (Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Marche, Comune di Fermo) – la trasformazione di un ritrovamento casuale in un percorso ideale di tutela e ricerca che ha visto, in una manciata di anni, lo scavo estensivo, il restauro, lo studio, la pubblicazione e l’esposizione museale, proprio nello stesso centro abitato di Torre di Palme, dei rinvenimenti.

Il volume che qui si presenta, curato da Giorgio Postrioti e Diego Voltolini ed edito da Andrea Livi Editore grazie al sostegno della Edison E&P S.p.A., rappresenta un importante punto di approdo del suddetto percorso. I due curatori, responsabili rispettivamente dell’indagine archeologica e del progetto redazionale, hanno scelto, con senso di responsabilità, di allargare la platea dei lettori a un pubblico non esclusivamente di specialisti, integrando la necessità di una presentazione alla comunità scientifica del report archeologico con la possibilità di una consultazione piacevole e apprezzabile anche dal lettore meno esperto. Il connubio, ben riuscito, ha permesso di realizzare un prodotto editoriale accattivante, grazie alla copertina lucida e alla grafica curata, impreziosita da numerose fotografie di ampio formato che rendono la lettura scorrevole, e corredato per ogni capitolo da un riassunto in lingua inglese.

Elementi che non sono andati a detrimento della validità scientifica e metodologica del volume, frutto del lavoro di un’articolata equipe di archeologi della Soprintendenza e di professionisti esterni, idealmente strutturato in due distinte sezioni.

Nella prima parte a un catalogo ragionato dei contesti tombali si affiancano studi di sintesi a firma, oltre che dei due curatori, di Paola Mazzieri, anch’essa funzionario archeologo della Soprintendenza ABAP delle Marche, e dei due archeologi responsabili di cantiere Alessandro Giacobbi e Laura Foglini, in cui si integra il prezioso contributo di Alessandro Naso, che ripercorre brevemente la storia della cultura picena, fornendo un inquadramento storico ai nuovi ritrovamenti.

La scelta di limitare il catalogo completo ad alcuni contesti funerari già oggetto di restauro, selezionati sulla base della ricchezza di materiali e rappresentatività nel sistema sociale (tomba 9 femminile, tomba 16 maschile e tomba 17 infantile), rinviando a un’analisi di minore livello di dettaglio le restanti tombe, non diminuisce il valore di una pubblicazione che, anche grazie al corredo di un importante apparato grafico utilmente integrato nel testo, può aspirare a introdursi come decisivo strumento di lavoro del panorama bibliografico della centrale Età del Ferro marchigiana.

Nella seconda parte del volume una serie cospicua di aggiornate analisi sui materiali (analisi finalizzate ai restauri, studio dei resti antropologici, analisi chimiche e archeometriche) e una importante appendice in cui è riprodotta la completa documentazione degli scavi di inizio ’900 forniscono una valida piattaforma di dati destinata a sostenere l’architettura di questa pubblicazione.

Non mancano elementi sorprendenti, come la scoperta, all’interno della necropoli, di una tomba della fase avanzata dell’antica Età del Bronzo, una delle rarissime testimonianze nella regione di questa fase cronologica, in cui la struttura tombale, le dinamiche deposizionali e i materiali di corredo testimoniano di un ampio raggio di contatti con tutta la Penisola italiana.

Gli autori offrono proposte interpretative sull’organizzazione interna della necropoli, in cui la planimetria rispecchia una suddivisione in settori basata su gruppi familiari, e sulle forme rituali di deposizione che permettono di convalidare e precisare quanto già documentato per la parte di necropoli scavata nei primi decenni del ’900. La cultura materiale, omogeneamente rientrante nel panorama cronologico del VI sec. a.C., trova facilmente confronto nelle necropoli picene della facies meridionale comprese tra il Chienti e il Tronto, con le quali condivide una stessa sfera culturale e ideologica, mentre sembra rimanere estranea, anche per la generalizzata assenza di materiali di importazione, dalle reti commerciali che pure dovevano interessare il litorale.

Restano da capire, ma saranno per questo necessari ulteriori dati, attualmente solo auspicabili, le dinamiche di distribuzione demografica sul territorio e il sistema di interrelazione con i centri costieri e dell’interno, in primis Fermo e il distretto del medio Tenna, in particolare con Belmonte Piceno, che sempre più si sta delineando, per la fase cronologica trattata, come un punto nevralgico con una sfera d’influenza non limitata al comprensorio fermano.

Federica Grilli

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