Le riflessioni esposte in questo studio prendono l’avvio da elementi individuati in un ambito geografico circoscritto, il Picenum Suburbicarium tardo antico, ma giungono a fissare alcuni punti conclusivi – in buona parte nuovi – di carattere generale, tali cioè da illuminare qualche aspetto delle oscure vicende attraverso le quali si svolse l’espansione del ducato longobardo di Spoleto nelle Marche e in Abruzzo. Si tratta di analizzare, in questa sede, i pochi e importanti anni che corrono dal 591 al 601, anni che determinarono una nuova situazione politico-territoriale (che vedeva contrapposti Bizantini e Longobardi) che rimarrà immutata (anche a livello di partizioni territoriali) fino all’età di Grimoaldo (662-671). Nell’arco di questi pochissimi anni si passò dall’unità tardo antica del Picenum Suburbicarium ad una realtà territoriale alto medievale più complessa e frammentata. Mentre il settore nord-occidentale subì l’intrusione del ducato di Spoleto nella valle del Potenza e dell’Esino (dove furono creati rispettivamente i gastaldati di Settempeda e di Castelpetroso), la parte sud-orientale dell’antica circoscrizione tardo antica vide l’inizio della creazione di tre distinte circoscrizioni bizantine, dotate di una certa autonomia: la Pentapoli che giungeva fino ad includere Numana, l’Ausimano in via di costituzione ed il ducato di Fermo.
Senza pretendere in questo studio di fornire delle conclusioni definitive, abbiamo ritenuto utile fare il punto delle nostre conoscenze sul breve lasso di tempo che intercorse fra l’offensiva del duca di Spoleto, Ariulfo, nel Picenum Suburbicarium (591/592) e la battaglia di Camerino del 601. Dobbiamo agli eventi di questi due lustri la definizione di alcune strutture minori del grande ducato di Spoleto: i “gastaldati limitanei” di Septempeda e di Castelpetroso.
Diciamo subito che il Picenum Suburbicarium, nella grande scarsità di notizie che caratterizza l’ultimo decennio del VI secolo, l’arco di tempo entro il quale presumibilmente, in più riprese, fu stravolto l’ordinamento territoriale e politico tardo antico, compare solo tre volte nelle lettere di Gregorio I ed una nella Historia Langobardorum di Paolo Diacono.
Lo storico Roberto Bernacchia ha ipotizzato che i Longobardi siano penetrati nel Picenum Suburbicarium dal passo di Colfiorito e, dopo aver battuto i Bizantini presso Camerino nel 591, da lì riuscissero a penetrare nell’alta valle dell’Esino (territorio che farà poi parte del gastaldato di Castelpetroso). Inoltre, lo studioso suppone che un’altra possibile direttrice di penetrazione da Camerino è la vallata fluviale del Potenza, lungo la quale è attestato il gastaldato del Settempeda. Mentre l’archeologo Andrea Staffa non ci fornisce un quadro d’insieme chiaro, ipotizzando la conquista longobarda del kastron Terentinon attorno al 580, il controllo bizantino della via Valeria nel tratto abruzzese per tutto il VI secolo, nonché la persistenza del dominio bizantino della zona Pescara-Vasto nel VII secolo inoltrato.
Per la risoluzione del nostro problema, cioè individuare gli eventi storici che determinarono la creazione dei “gastaldati limitanei” di Settempeda e di Castelpetroso, nonché di riflesso l’istituzione del distretto ausimano e del ducato di Fermo, è necessario analizzare a fondo i documenti ed incrociarli con i dati archeologici e toponomastici.
Nell’estate del 591 il duca Ariulfo, un ufficiale longobardo che aveva militato nell’esercito bizantino sul fronte persiano si ribella e conquista varie località lungo la via Flaminia da Spoleto fino a Tadino. A settembre Ariulfo spinge le sue truppe verso Roma, accampandole ad Nar flumen, un’ampia pianura fra Narni e Terni. Il duca di Spoleto riprende l’offensiva nella primavera del 592 con l’assedio di Narni e le incursioni su Cures in Sabinia e nell’agro pontino fino a saccheggiare Tres Tabernae. Nell’aprile del 592 Ariulfo si sposta a nord, bloccando la via Amerina ed assediando Perugia. Infine, nel giugno del 592 schiere longobarde attaccano il territorio di Sovana.
La situazione era molto pesante per Roma, allora Gregorio I ruppe gli indugi e trattò direttamente con i Longobardi una tregua, il pontefice era stanco di veder arrivare nella città eterna torme di disperati, terrorizzati perché «…Ariulfus ad Romanam urbem veniens alios occidit, alios detruncavit». Nel luglio del 592 si addivenne così ad un armistizio, nonostante l’opposizione dell’esarca Romano che voleva continuare la guerra, pur rimanendo inattivo in Umbria perché i Longobardi, sin dall’aprile del 592, avevano in corso un’offensiva nella zona montana a sud-ovest di Rimini e quindi lo tenevano impegnato sul versante adriatico.
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