Il Fondo Notarile conservato presso l’Archivio di Stato di Fermo è frutto dell’accumulo degli atti prodotti dai notai fermani tra il 1401 e il 1870.
La documentazione è cronologicamente coeva alle carte più antiche dell’istituto, il Diplomatico e l’Archivio storico comunale. Il Notarile si diversifica dagli altri due in quanto non è frutto di un’istituzione, ma di tanti singoli professionisti della scrittura con funzione pubblica. Notai e atti notarili, per certi versi, sono il filo conduttore del materiale contenuto negli Archivi di Stato: senza di essi non esisterebbero gran parte dei fondi che contribuiscono alla formazione della documentazione conservata in tutto il territorio nazionale. I volumi notarili divengono oggetto di raccolta sistematica nel momento in cui incomincia a nascere la consapevolezza del valore prima giuridico, poi storico degli atti. Non è un caso se il notaio che ha lasciato documenti tra i più antichi della Marca meridionale sia anche uno dei primi cronachisti attivi a Fermo: Antonio di Nicolò.
Il fondo si compone attualmente delle carte di circa 1.200 notai ed è segnalato dagli studiosi che hanno realizzato i primi censimenti del materiale contenuto negli Archivi di Stato italiani, tra cui Giuseppe Mazzatinti, Francesco Filippini e di recente Giuseppe Morichetti nella Guida degli Archivi di Stato. L’unica analisi in grado di fornire una riflessione sul fondo è stata compiuta da Elio Lodolini che ha esteso sistematicamente la sua indagine a tutti i Notarili conservati negli Archivi di Stato marchigiani. Tale lavoro è stato di recente aggiornato e la parte relativa agli archivi notarili del Fermano è a cura di chi scrive e di Francesca Mercatili.
Sulla scorta di questo recente censimento la nostra trattazione è mirata all’approfondimento di alcuni aspetti significativi relativi al Notarile e ai notai fermani, a partire da quanto è noto prima della creazione della raccolta degli atti, fino ai censimenti di notai di età napoleonica. Vista l’ampiezza cronologica che intende coprire questo intervento, non possiamo che considerarlo preliminare a studi più articolati di una materia potenzialmente inesauribile.
I primordi
Nella Marca è forte il contrasto fra l’assenza di forme di scrittura legate alla memorialistica storica e un quadro caratterizzato dall’intensa vitalità politica e sociale di molte città. Dalla fine del XIII secolo la diffusione dell’istruzione scolastica, la presenza di notai e la quantità cospicua di scritture pubbliche e private si associano in linea generale alla maturazione di un forte sentimento di appartenenza civica. Una simile evoluzione porta alla ben nota “polverizzazione” dei centri di produzione delle carte influendo pertanto su formazione e conservazione delle fonti.
I primi atti notarili del territorio fermano risalgono all’età postcarolingia e provengono prevalentemente dall’ambito monastico e in alcuni casi sono di dubbia autenticità. Per rinvenire continuità nelle scritture e, a volte, nei loro autori, è opportuno attendere le testimonianze più affidabili conservate nell’Archivio di Stato di Fermo, dalla seconda metà del XII secolo. Il documento originale più antico del nostro Archivio è una compravendita del 1169 tra alcuni membri di una famiglia comitale relativamente a beni posti nel territorio di Sant’Angelo in Pontano. Non è indicato il luogo in cui viene rogato, ma si tratta del primo di vari atti riguardanti la parte settentrionale della diocesi fermana, a testimonianza della presenza degli interessi dei signori territoriali e di pratiche notarili diffuse anche nelle più piccole comunità dell’Appennino fermano.
È possibile considerare come in tutto il nord e centro Italia la riscoperta del diritto romano nel corso del XII secolo e la sua diffusione ad opera dell’Università di Bologna in primis abbia favorito la professione notarile. Nelle nostre zone si è potuto registrare l’esistenza di notai che operano prevalentemente al servizio dei signori, in alcuni casi dichiarando la loro provenienza da un ambito rurale, come ad esempio Maurizio di Brunforte, attivo nella prima metà del XIII secolo e ricordato a più riprese al servizio di Fildesmido da Mogliano, ma anche del monastero di Chiaravalle di Fiastra.
Per questo periodo i notai fermani di cui conosciamo i nomi sono solamente quelli incaricati di realizzare pergamene sciolte o rotoli che, pur essendo in alcuni casi molto lunghi, tuttavia non forniscono elementi per una trattazione unitaria.
Uno dei primi a emergere e a distinguersi per la raffinatezza del suo tratto è Petrizolo di Parmesano che redige una sentenza di primo grado tra il potente signore territoriale Fildesmido da Mogliano e la famiglia dei signori di Sant’Angelo in Pontano. Nel processo iniziato nel 1232 il notaio si dichiara semplicemente imperiali auctoritate notarius, rivelando l’origine della patente notarile, senza specificare la sua funzione pubblica, ma solamente dichiarando la sua appartenenza al tribunale pontificio. Da ciò emerge inequivocabilmente che il giudice delegato non ha una propria cancelleria, ma si avvale di notai locali. Petrizolo di Parmesano mostra doti tecniche di grande rilevanza. Incrociando dati con archivi limitrofi è possibile rinvenire traccia della sua attività nel decennio compreso tra il 1230 e il 1239, quando è ricordato in alcune carte fiastrensi in cui dichiara la sua provenienza da Fermo. La prima volta è nominato nel 1230 quando roga una carta privata nell’abbazia di Fiastra. In un atto del 1237 da lui stipulato è presente Fildesmido da Mogliano, che assieme a Gugliemo di Massa contende ad alcuni signori locali terre, uomini e vassalli connessi alla costituzione di una dote. Nel 1239 redige un altro atto privato a Fiastra. Non è possibile ricavare ulteriori dati sul personaggio, né sul suo lavoro di professionista della documentazione.
La presenza dei notai comincia a farsi costante con lo sviluppo del comune e delle sue magistrature. Tali professionisti sono fondamentali per conferire la fides giuridica alle scritture che in età comunale aumentano a dismisura. Ogni magistrato e nuovo funzionario del comune ha nella sua curia almeno un notaio che trasmette memoria di norme e decreti. Tracce consistenti di tali figure si trovano pertanto negli Statuti comunali fermani, emanati dopo la cacciata e l’esecuzione di Rinaldo da Monteverde, in cui si percepisce l’esistenza di un Collegio o Matricola dei Notai. La struttura della corporazione sembra essere ben delineata anche alla luce delle norme imposte che impediscono la stipula di contratti per coloro che non appartengono al collegium notariorum pena un’ammenda di 25 lire. Viene inoltre stabilito l’obbligo di tenere i protocolli dei notai defunti con relativo inventario da consegnare a un rappresentante del Collegio stesso o presso la Sagrestia del Convento dei Domenicani, sede dell’Archivio storico del comune.
Ulteriori informazioni relative alla corporazione notarile fermana sono più tarde e non sempre dirette.
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