I mercanti di lane e di panni di Sarnano alla fiera di Foligno nel Cinquecento

Per comprendere le motivazioni della presenza degli operatori economici sarnanesi sulla piazza di Foligno, occorre considerarle nel contesto degli intensi rapporti commerciali intercorsi tra gli uomini di affari folignati e quelli marchigiani, specialmente nella prima età moderna. È stato più volte sottolineato come il successo della famosa fiera chiamata di Santa Maria di Marzo, quindi dei Soprastanti in occasione del suo spostamento verso l’estate, a partire dalla seconda metà del Cinquecento, si debba in gran parte imputare alla posizione privilegiata della città: un nodo stradale di primaria importanza situato fra il Tirreno e l’Adriatico da una parte, tra il Settentrione e il Meridione dall’altra. Una realtà questa, riconosciuta dalle autorità civili e religiose, che si riscontra nella letteratura storiografica di ogni epoca e che è ampiamente attestata dalla documentazione archivistica locale. Ma è l’impressionante numero di contrattazioni – che coinvolgono esponenti di ogni estrazione sociale, dal nobile/mercante al mulattiere, con un’area di riferimento che va dalle Fiandre alla Dalmazia, dalla Germania al Regno di Napoli – a fornire la prova più convincente del primato folignate in tema di scambi. In particolare, la partecipazione dei mercanti delle Marche si giustifica evidentemente anche con la vicinanza geografica delle due regioni, nonostante l’impervietà dei tracciati stradali prodotta dalla barriera appenninica.

La massiccia partecipazione al raduno folignate, potenziato a partire dal 1472, è da attribuire pertanto alla sua notorietà e celebrità, ma anche al fitto carteggio intercorso tra la magistratura priorale locale e quelle dei principali centri dello Stato della Chiesa, allo scopo di farvi concorrere, mediante appositi bandi annuali, il maggior numero possibile di uomini di affari con merci e animali; inoltre per rendere note eventuali variazioni concernenti proroghe, differimenti o sospensioni imputabili a carestie, epidemie, guerre e altri simili gravissimi eventi. Naturalmente anche le autorità delle comunità suddette desiderano far conoscere ai mercanti folignati le loro manifestazioni fieristiche ed eventuali spettacoli ludici. Si giustifica così allora il rilevante numero di lettere, conservato nell’Archivio di Stato di Foligno, proveniente da ogni parte dell’Italia centrale. Il contenuto delle missive è reso stereotipato dalla secolare prassi: soprattutto si intende assicurare che i raduni sono liberi e franchi da ogni gabella e che i responsabili di eventuali reati commessi altrove non sarebbero perseguibili. Molto spesso per rendere le manifestazioni più allettanti, insieme con le fiere, si organizzano pubblici spettacoli che di norma coincidono con la festa del patrono e altre importanti solennità religiose legate a vari santi, alla Madonna; infatti i termini fiera, festa e ferie, secondo la comune accezione dell’epoca, sono sinonimi. La corrispondenza esterna, infine, può assumere la forma di richiesta di informazioni concernenti particolarmente i prezzi di derrate alimentari (carne, pesce, olio, generi di pizzicheria) praticati a Foligno, il valore delle locali monete, il tipo di commercio consentito agli ebrei, l’organizzazione di maceratoi e di opifici per la concia delle pelli operanti in un determinato territorio.

È abbastanza intuibile come i tentavi di incrementare l’affluenza di mercanti sortiscano gli effetti desiderati e che le magistrature priorali di ogni comune debbano predisporre strutture atte ad accoglierli tutti, consentendo l’apertura di esercizi alberghieri e ristorativi, ossia di osterie – alcune delle quali adibite esclusivamente ad “albergo dei muli” con funzione di carico e scarico delle merci e noleggio di cavalli e muli – taverne, bettole, ma anche di moltissime abitazioni private.

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