All’inizio degli anni Novanta del Novecento – al tempo delle iniziative oggetto di questo scritto – il sistema universitario si articolava sulle Facoltà, al cui interno erano presenti gli Istituti e i Dipartimenti, strutture demandate all’attività scientifica, e i Consigli di Corso di Laurea, demandati invece alla cura dell’attività didattica.
Ciò detto ed entrando in argomento, va specificato che le manifestazioni di cui si fece assertore l’allora ancora Istituto di Storia Medievale e Moderna della Facoltà di Lettere e Filosofia furono due e vennero realizzate l’una, nella primavera e, l’altra, nel tardo autunno dello stesso anno: il 1993. Ed anche due furono le principali condizioni che, all’aprirsi degli anni Novanta, favorirono – a mio parere – la possibilità della loro attuazione da parte dell’Istituto che intanto, sotto la direzione illuminata di Renzo Paci succeduto ad Alberto Caracciolo, aveva raggiunto già da tempo (dopo un non breve periodo di alternanza quasi annuale di valenti colleghi) un suo assestamento di docenti stabili, motivati e ben affiatati.
Su questa determinatasi, felice situazione dell’Istituto di Storia venivano a innestarsi i seguenti due avvenimenti che diedero ulteriore impulso all’organizzazione delle manifestazioni in questione: nel 1990, l’elezione del nuovo Preside di Facoltà nella persona di Diego Poli e, nel 1991, quella del nuovo Rettore dell’Ateneo nella persona di Alberto Febbrajo, sino ad allora Preside della Facoltà di Giurisprudenza.
Caratteristiche comuni ai due colleghi assunti a posizioni di vertice – altrimenti caratterialmente diversi – erano, insieme con l’età relativamente giovane, entusiasmo e dinamismo. Entrambi assai interessati alla crescita a tutto campo della Facoltà e dell’Ateneo, erano sostenitori di una loro più attenta presenza culturale sia nel locale contesto maceratese e regionale, sia nel più allargato ambito nazionale. Nel loro intendimento di imprimere maggior vitalità culturale traendone, per contro, visibilità e attrazione per la nostra Università, venivano peraltro essi stessi sollecitati e supportati dal momento di positiva congiuntura economica che l’Ateneo maceratese stava allora attraversando: alle consuete risorse erogate annualmente dal Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica all’Ateneo si aggiungevano infatti, nel 1990, quelle stanziate per il VII Centenario della sua fondazione.
Così, nel quadro di salda coesione interna dell’Istituto di Storia, della programmatica e, al tempo stesso, caratteriale vitalità (resa quasi impaziente dalla necessità e dal desiderio di organizzare adeguate manifestazioni per la celebrazione del VII Centenario) di Presidenza e Rettorato, nonché della discreta disponibilità economica delle casse dell’Ateneo, nascevano le due iniziative oggetto di questo intervento attuate il 29 e 30 aprile, l’una, il 9-11 dicembre 1993, l’altra.
Tema della prima, il conferimento della Laurea in Lettere honoris causa a Sergio Romano, il noto e prestigioso diplomatico, nonché storico ed editorialista non meno prestigioso. Oggetto della seconda, un Convegno dedicato alle figure dei fratelli maceratesi Domenico e Giovanni Spadoni, figure sociali notevoli e intellettuali di spicco attivi nel primo quarantennio del Novecento.
Propedeutica, in un certo senso, al conferimento della laurea in lettere ad honorem a Sergio Romano – dimessosi qualche tempo prima dal suo incarico di ambasciatore nell’URSS di Gorbačev, abbandono volontario che aveva posto fine alla sua carriera diplomatica – era stata la Conferenza-Dibattito che, l’8 maggio 1991, egli aveva tenuto nella nostra Università àuspici sempre l’Istituto di Storia e la Facoltà di Lettere e Filosofia, conferenza subito resa pubblica sotto l’egida delle “Celebrazioni del 7° Centenario della Fondazione 1290-1990”. Tema di quella conversazione, allora di attualissimo interesse, era stato L’URSS tra perestrojka e svolta autoritaria e, non a caso, al dibattito che ne era seguito, moderato e concluso dal Rettore Giovanni Ferretti, avevano offerto il loro contributo anche alcuni dei numerosi colleghi presenti alla manifestazione.
Dunque, nei due anni successivi a quella felice esperienza, e nel clima di pure incalzante attivismo culturale di quel periodo, maturò all’interno dell’Istituto di Storia l’idea di insignire l’illustre ex-diplomatico – ma pure storico accreditato e fine commentatore politico – del conferimento della Laurea in Lettere. La statura del personaggio era tale (peraltro pure manifestatasi in tutto il suo valore in occasione della sua visita precedente alla nostra Università) che la protocollare, usuale trafila per la concessione del riconoscimento accademico procedette agevolmente: proposta unanime dell’Istituto alla Facoltà che, in tempi rapidi, unanimemente l’accettava, trasferendola al Senato Accademico che subito e di buon grado la ratificava.
Prima di passare alla breve cronaca delle due giornate o, meglio, delle due mezze giornate (pomeriggio del 29 aprile – mattinata del 30) nelle quali si articolò l’evento del conferimento, ciò che in questa sede va adeguatamente sottolineato è l’atteggiamento tenuto dai componenti dell’Istituto di Storia i quali tutti, in modo vario, collaborarono al successo dell’iniziativa benché questa, per l’azione e per l’opera del personaggio che ne costituiva l’“oggetto”, di Sergio Romano, appunto, si collocasse, ricadesse esclusivamente nell’ambito degli interessi e degli studi dell’età contemporanea.
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