All’inizio era sabbia: 500 metri lungo l’Adriatico, davanti a San Benedetto del Tronto.
L’evoluzione del litorale, nel corso del tempo, riflette lo sviluppo della città sul piano economico, sociale, giuridico e urbanistico. La costa, infatti, accoglie attività legate alla pesca e al turismo. Esse forniscono lavoro e risorse alla popolazione, sostenendone la crescita: in proporzione, aumenta il fabbisogno di abitazioni, di infrastrutture e di nuovi spazi pubblici. Il centro storico si espande così dal ‘Paese Alto’ alla ‘Marina’, secondo regole e piani aggiornati di volta in volta, tenendo conto delle necessità locali e degli indirizzi politici nazionali.
Durante il Risorgimento, San Benedetto è un piccolo borgo dello Stato Pontificio, al confine del Regno di Napoli. La spiaggia è frequentata da pescatori, facchini, retare, funai e ‘bagnanti’: gli uomini e le donne si immergono separatamente, ai due lati del torrente Albula, essendo punita ogni forma di promiscuità.
Nel 1860 la costa è sfiorata da avvenimenti straordinari, come il naufragio della nave borbonica ‘Torquato Tasso’, in febbraio, l’arrivo dei Cacciatori delle Marche e dell’esercito piemontese, a settembre, o il passaggio di Vittorio Emanuele II, diretto a Teano, nel mese di ottobre. La riunificazione politica italiana, sancita anche dal viaggio del sovrano, agevola la realizzazione di nuove strade e della ferrovia adriatica: a novembre, dunque, il governo autorizza gli studi preliminari per la costruzione della linea da Ancona al Tronto.
Nel 1863 la ferrovia è compiuta, parallelamente al litorale, delimitando la zona tra i binari e il mare. Quest’area è orientata da nord a sud e interseca l’originaria direttrice di sviluppo della città, da ovest ad est. All’incrocio, nel 1865, sorge il primo ‘Stabilimento di bagni marini’, costruito dal futuro sindaco Filippo Leti e consistente in una capanna di legno, con alcune cabine. La loro presenza rimane costante nel tempo, simboleggiando la vocazione turistica del territorio, in parte utilizzato per scopi imprenditoriali, in parte riqualificato a fini pubblici: la popolazione è aumentata da 5.800 a 6.900 persone, nel giro di vent’anni, rendendo necessari nuovi spazi di aggregazione. Il Comune, pertanto, utilizza l’arenile, bonifica i letamai preesistenti e realizza giardini ombreggiati da pini, come in altre città adriatiche.
Nel 1874 i fratelli Rutili acquistano lo Stabilimento balneare e progettano di ampliarlo, a spese del Comune, per accogliere ospiti provenienti da Ascoli, da Roma e dall’Abruzzo. Vicino sorge la sorbetteria Cappelletti, a forma di pagoda, sotto i pini. I visitatori affollano i viali in estate, mentre la banda cittadina si esibisce il giovedì e la domenica sera, attirando l’attenzione dei turisti e di uomini d’affari, come il piemontese Costanzo Chauvet: divenuto titolare del quotidiano ‘Il Popolo romano’, egli intrattiene rapporti con il mondo politico e riceve «fondi segreti» dal governo. Tra il 1878 e il 1879, Chauvet ottiene l’aumento del «corrispettivo » pagato dalla Banca romana, per i servigi resi ogni anno, nonché un «sussidio» del Comune di San Benedetto, per comprare e ristrutturare lo Stabilimento, reinvestendo, sulla costa, i proventi delle attività svolte nella capitale. Il sussidio, tuttavia, non viene erogato: nel 1880, dunque, Chauvet individua altri finanziatori e costituisce una società per rilevare i due terzi dell’immobile, insieme con esponenti locali, quali Achille Feliziani e il futuro sindaco Giuseppe Panfili. Nel 1887 si aggiungono la Banca di San Benedetto e, di nuovo, i fratelli Rutili. In tal modo nasce un moderno complesso che vanta uno chalet, trentasei cabine e un albergo, collegati da una passerella e circondati da una recinzione. Contemporaneamente Chauvet e soci ottengono dal governo la vendita del terreno – ceduto dal demanio pubblico al patrimonio dello Stato – «lungo la spiaggia marina con la quale confina a levante, settentrione e mezzodì, mentre a ponente ha per confine lo stradone del giardino»: l’alienazione avviene secondo un procedimento riservato ai beni espropriati per crediti tributari e non destinati al demanio; solo che il demanio è l’originario proprietario del litorale.
Il risultato di queste iniziative è visibile in una planimetria del 1904: lo Stabilimento si trova al centro della mappa (orientata da est a ovest). Esso gode di un accesso diretto sia alla spiaggia, sia ai giardini. A nord, una piazza alberata accoglie coloro che si recano dal paese al mare, attraversando la linea ferroviaria, grazie ad alcuni sottopassi. Intorno alla piazza sorgono un edificio privato, una guardiola per i Finanzieri e una grande pescheria, nei pressi del litorale. A sud, due viali fiancheggiati da pini raggiungono il torrente Albula: sulla sponda sorge l’abitazione del giardiniere, simile ad uno chalet, con un tetto a punta e una vasca piena d’acqua, ornata da ninfee. Dietro, un grande lavatoio. Non vi sono altre case, poiché l’Albula è soggetto ad esondazioni, né viadotti, salvo quello della ferrovia.
La zona tra il torrente e lo Stabilimento viene progressivamente destinata alle attività turistiche e ricreative, piuttosto che alla pesca, sanzionando coloro che lavorano in condizioni di nudità, come avveniva tra i marinai. Il divieto, nel 1908, è esteso a tutta la spiaggia, conservando la separazione tra uomini e donne, all’interno di apposite aree destinate alla balneazione, analogamente a quanto già previsto in epoca pontificia.
Il litorale è frequentato, tra l’altro, da persone che appartengono alla nobiltà, alla borghesia e al ceto degli artisti: Adolfo De Carolis ritrae i pescatori in forme scultoree, come eroi del mondo classico, «tanto sono audaci, e forti e famosi per il loro valore. Le loro paranze ricordano le navi omeriche», con la carena bassa e piatta, «un solo albero e una sola grande vela». Alfred Châtelain coglie l’autunno della belle époque e la marina, dal suo studio vicino allo Stabilimento e alla piazza.
Accanto, l’albergo di Chauvet ospita eventi mondani nel salone da ballo e nei suoi ambienti sfarzosi. Suscita clamore il grande banchetto in onore del Sottosegretario ai lavori pubblici, deputato della città e promotore della costruzione del porto di San Benedetto: l’On. Luigi Dari ha ottenuto l’iscrizione della rada tra le infrastrutture rilevanti anche per la «difesa militare dello Stato», superando l’opposizione della Corte dei Conti e dei colleghi in Parlamento. In tal modo è possibile finanziare il primo braccio del molo, tra il 1908 e il 1912. Esso determina l’interramento della zona a sinistra e a destra dell’Albula e l’avanzamento della spiaggia di circa 70 metri.