«Cantieri mobili di storia. Un progetto itinerante tra passato e presente nei paesi del doposisma» è un progetto lanciato dall’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea della provincia di Macerata e dal Centro Studi Acli Marche con un obiettivo preciso: lavorare insieme con le comunità ferite perché non perdano l’identità e la propria storia, per combattere l’anonimato e la frammentazione dei nuovi insediamenti e perché insieme alle case, alle strade, ai ponti si ricostruiscano altre infrastrutture, quelle civiche, come la fiducia e il senso di appartenenza.
La presentazione e le riflessioni sul Progetto “Cantieri mobili di storia” che qui vengono presentate sono il frutto di una lunga intervista rilasciata nel giugno 2018 alla Newsletter della Rete delle GeoStorie.
Il progetto
Il Progetto “Cantieri mobili di storia” è nato, di fatto, da alcune domande: a che cosa può servire la Storia in un paese devastato dal terremoto? Che ruolo può svolgere un istituto storico che tradizionalmente ruota intorno al capoluogo di provincia e ad una normalità fatta di convegni e corsi di formazione per docenti e studenti? E ancora: che cosa possiamo dire e dare agli sfollati, a chi ha perso la casa e il lavoro, le aule e la scuola?
Sono queste le domande che ci siamo posti all’indomani del primo terremoto, quello del 24 agosto 2016, e a cui nel giro di poche settimane abbiamo voluto dare una risposta con un progetto “Epicentri della Storia. Radici e futuro dei centri del sisma e dell’entroterra marchigiano”. La nostra azione allora era rivolta prevalentemente ad alcuni centri dell’entroterra maceratese che erano stati toccati dal terremoto, ma non distrutti, nel senso che le scuole continuavano a funzionare, così come la viabilità e la vita cittadina. Volevamo coinvolgere associazioni, circoli e scuole a cui chiedere di recuperare documenti, fotografie, testimonianze del passato: memorie private e collettive della propria comunità.
Dopo il doppio sisma del 26 e 30 ottobre 2016 lo scenario è cambiato drammaticamente, perché gli stessi centri (soprattutto del Maceratese) sono stati distrutti e abbattuti con lo stesso effetto visivo di un bombardamento. Ovviamente il nostro progetto, così come lo avevamo pensato, non aveva più senso perché in quel brutto inverno 2016-2017 erano saltate le strade, erano crollate le scuole, mancava la popolazione, trasferita in massa lungo la costa adriatica.
Oggi, a distanza di quasi 20 mesi, la ricostruzione è di là da venire: i centri appenninici in questa primavera 2018 sono costellati dai nuovi agglomerati delle S.A.E.: villaggi artificiali con piccoli edifici e vie tutte uguali, dove non c’è un posto dove andare, non c’è una piazza e nemmeno un semplice spazio di aggregazione. La gente è stanca per i lunghi mesi di attesa, per lo stillicidio delle scosse telluriche, per le lungaggini e la pesantezza della burocrazia, per le incertezze di un futuro che non si intravvede.
Che fare? L’Istituto Storico di Macerata e il Centro Studi Acli Marche hanno cercato ancora una volta di rispondere ad una situazione così complessa e piena di criticità, scommettendo sulla memoria storica, sull’incontro con coloro che hanno fatto la scelta di ritornare nelle loro “terre mutate”; sul dialogo serrato tra il passato, le urgenze del presente, le incognite e le potenzialità del futuro. Sono queste le caratteristiche dell’iniziativa “Cantieri mobili di Storia”, che ha ripreso le idee di fondo del progetto iniziale, “Epicentri della Storia”, ma riformulandone alcune, per adattarle alle nuove circostanze, o accantonandone altre, perché non più adeguate al nuovo corso degli avvenimenti. La frequentazione dei luoghi colpiti dal terremoto e il prolungato contatto con le comunità appenniniche ci hanno distolto dal presentare architetture progettuali belle, ma calate dall’alto; abbiamo pertanto preferito forme e modalità di presenza sottotraccia e meno appariscenti, ma più vicine alle comunità e capaci di attivarne la partecipazione.
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